“Credere fortemente nella coesione pubblico-privata, come leva della valorizzazione del territorio, significa creare le condizioni per tutelare non solo i beni materiali ma anche le tradizioni e i gesti legati alla nostra identità immateriale.
Con questo Protocollo d’Intesa firmato con il prof. Leandro Ventura, direttore dell’ Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale (Ministero della cultura), il dott. Saverio Bosco, Sindaco del Comune di Lentini e Giorgio Franco presidente della coop. Badia Lost & Found, è stato possibile mettere in pratica un mio studio (iniziato diversi anni fa), testimoni i prof. Elio Cardillo e Salvatore Iannitto, nel quale è stato possibile cogliere oltre il senso profondo della religiosità e della devozione, un passato che non muore mai, che rivive e che si rigenera ogni anno; uno studio quindi, quello della mia tesi di laurea, che mira a salvaguardare e tramandare attraverso puntuali sistemi di catalogazione, la tradizione immateriale dei “nuri”.
Queste le parole della dottoressa Cristina Pulvirenti, autrice di una tesi di laurea sul patrimonio immateriale de “I Nuri“, e alle attività di valorizzazione culturale portata avanti nel territorio lentinese dalla società cooperativa Badia Lost & Found l’avvio di un processo di comprensione e salvaguardia della festa e dei fenomeni culturali ad essa connessa. Insieme alla comunità locale l’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale – che opera a livello nazionale per la valorizzazione, in Italia e all’estero, dei beni culturali demoetnoantropologici materiali e immateriali presenti sul territorio, e in questo ambito promuove attività di formazione, studio, ricerca e divulgazione, anche collaborando con università, centri di ricerca, enti pubblici e privati – si darà avvio a una prima fase di ricognizione degli elementi della festa.
Si tratta del primo caso di collaborazione tra l’Istituto e una comunità patrimoniale in Sicilia, un traguardo di notevole importanza perché è il primo progetto sperimentale che pone le basi per un lavoro in sinergia tra l‘Istituto Centrale Patrimonio Immateriale, la comunità locale leontina e la Regione Autonoma Siciliana.
Un protocollo che aderisce alle disposizioni della Convenzione di Faro, di recente ratificata anche dall’Italia, in cui si prospetta un approccio volto a una comprensione più ampia del patrimonio culturale e del suo rapporto con le comunità che lo hanno prodotto ed ospitato, riconoscendo il “patrimonio culturale” come l’insieme delle risorse ereditate dal passato, riflesso di valori e delle credenze, e la “comunità patrimoniale” quale insieme di persone che attribuiscono valore a quel patrimonio.
“Attraverso questo viaggio immerso nel mondo della fede, dichiara la dottoressa nonché vicepresidente della coop Badia Lost & Found Cristina Pulvirenti, è stato possibile cogliere oltre il senso profondo della religiosità e della devozione, un passato che non muore mai, che rivive e che si rigenera ogni anno, sempre con lo stesso tipo di devozione e di passione, che tiene uniti insieme gli uomini in un’unica comunità. Restare legati al nostro passato permette di non dimenticare chi prima di noi ha contribuito a rendere uniche queste manifestazioni che ancora oggi vengono riproposte con lo stesso tipo di fervore religioso, in modo da poterle valorizzare oggi e conservarle per essere tramandate alle nostre future generazioni. Ricordare i nostri predecessori significa acquisire la consapevolezza di chi siamo noi oggi, ovvero la conseguenza del loro vissuto.
Il mio lavoro di ricerca ha voluto dimostrare l’importanza del tutelare e conservare le nostre usanze attraverso uno strumento adeguato come la catalogazione. Cercare di valorizzarla, conservarla e trasmetterla significa mantenerla viva. Nel mio lavoro di indagine sono stati analizzati i diversi modi di intendere questa manifestazione nei diversi paesi nell’area sud-est della Sicilia. Attraverso l’osservazione diretta, è stato possibile rilevare quanto la popolazione rimanga ancorata alle proprie tradizioni religiose.
‘Spogliarsi’ è quell’azione che permette metaforicamente di mettersi a nudo, non contano più le professioni, la rilevanza sociale ma contano gli uomini, che vengono accomunati dallo stesso fine, pregare Dio attraverso la supplica e l’intercessione dei Santi.”
CENTRO STUDI NOTARO JAPOCO
(SPAZIO PER LA CULTURA DAL 1947 AL 1957- DAL 2016 AD OGGI)
Il Centro Studi Notaro Jacopo è stato un incredibile sede di ritrovo degli intellettuali della città, costituito nel 1947, su concessione degli spazi dell’ultimo erede Beneventano (Giuseppe Luigi V).
Questa sede, situata un tempo presso i bassi del palazzo, si è subito distinta per l’intensità delle attività e per l’alta qualità delle sue iniziative.
Ad animare la vita di questo centro, per poco più di dieci anni, dal 1947 al 1958, fu Carlo Cicero, punto di riferimento stabile e autorevole, grazie al quale furono avviate le prime ricerche relative agli Scavi Archeologici della città antica, in compagnia dell’insostituibile avv. Alfio Sgalambro.
Incontri, dibattiti, conferenze, concerti, rappresentazioni teatrali, costituivano una stagione ricca ed entusiasmante, conclusa formalmente nel 1957 con la fondazione della Biblioteca Civica “Riccardo da Lentini”, tutt’oggi in via
Oggi il centro studi Notaro Jacopo è stato recuperato dal team di Badia Lost & Found, lasciando immutato il fine principale incentivato dal suo fondatore, ovvero uno spazio culturale sempre aperto, un cuore pulsante di iniziative volte ad accrescere una rinnovata consapevolezza del mondo della conoscenza.
Il nuovo centro studi ospita una biblioteca tematica composta da oltre 1500 volumi di numismatica, oltre 3000 volumi di cultura generale, dalla narrativa alla storia, dall’arte alla geografia e molto altro ancora.
È possibile poter usufruire del centro studi, in ogni periodo dell’anno, per consulenza, ricerche, elaborazioni tesi di laurea, approfondimenti, o più semplicemente per dedicarsi del tempo libero leggendo un libro, sorseggiando un caffè e usufruendo del nostro servizio gratuito di wi-fi.
“BEDDI RI NOTTI”
Cos’altro ci riserva la dimora dei Beneventano?
È una Sicilia incredibile quella che prenderà forma e suono davanti agli occhi degli spettatori. Un passato molto lontano si farà breccia nel presente senza tempo della narrazione a più voci come un vivido sogno comune ad occhi aperti.
Donne e uomini taumaturghi e veggenti, forse streghe e stregoni, anche ciarlatani, spiriti femminili vaganti, tesori incantati, con un variegato repertorio di invocazioni e preghiere e proverbi, diventano la materia ancora viva della narrazione che si pone tra il reale e il fantastico, fra storia, mito e leggenda. Quello che ne risulta è un paesaggio di immagini che desta curiosità, che riesce ad incantare, che trasporta in un’atmosfera sognante, condizione di un viaggio emotivo nei ricordi personali e non.
Uno spettacolo a pieni sensi. Un viaggio alla riscoperta di un’antica radice comune, di un passato ancor vivo nel presente di un’isola che è come un piccolo continente policromo.
BENEVENTANO NIGHT EXPERIENCE
Chi ci attende oltre gli antichi battenti?
I portoni dell’antica dimora sono chiusi: da molto tempo ormai i suoi proprietari l’hanno lasciata, alcuni di loro non appartengono più a questo mondo…
Eppure suoni, voci, musica, segni di un passato echeggiano nelle antiche sale, si manifestano.
Lungo le fughe prospettiche dei battenti, tra i corridoi, che conducono di sala in sala, appaiono le ombre dei Beneventano.
Chi c’è ad attendervi?
Che sensazione dà l’essere accompagnati attraverso il fastoso Palazzo dai personaggi che un tempo lo abitarono? Dai preziosi ritratti alle pareti vi giungeranno le voci di chi ha abitato un luogo magnetico.
L’obiettivo di questo evento è restituire una rinnovata e tangibile anima dei luoghi, creando un momento di medi(t)azione con le memorie, con le storie, per aiutare i visitatori a comprendere quanto complessa e storicamente significativa fu la realtà dei baroni Beneventano della Corte.
IL MUSEO
(POLO DEL CONTEMPORANEO DAL 2016)
Nel cuore storico di Lentini, gli spazi del settecentesco Palazzo Beneventano, ospitano il polo d’arte contemporanea che trae il proprio nome dall’edificio che lo ospita, il Palazzo Beneventano, nell’area del quartiere Badia, in cui sorgeva l’antico Monastero delle clarisse e dove oggi insiste la Chiesa della Santissima Trinità e San Marziano.
Dell’antico complesso architettonico del palazzo Beneventano, rimangono oggi solo degli spazi vuoti, dai bassi al piano nobile, privi di ogni arredo e suppellettili, a seguito di innumerevoli sacchi verificati negli anni dell’abbandono della struttura.
Le ampie sale vuote, lontane ormai dall’antico utilizzo, rappresentano lo spazio ideale per il museo civico d’arte contemporanea che offre ai visitatori una visita interattiva e inclusiva.
Dal 2016, grazie al recupero sia strutturale che culturale da parte degli operatori di Badia Lost & Found, lo spazio museale ha ospitato esposizioni temporanee: numerose le expo, i vernissage e le performance che hanno visto il coinvolgimento attivo di cittadini, studenti, artisti:
Domenico Pellegrino, Fabio Modica, Momò, Calascibetta, Stefano Maria Girardi, Gesualdo Prestipino, Benedetto Poma, Alessandro La Motta, Angelo Barile, Loredana Catania, Easy Pop, Max Ferrigno, Stefano Gentile, Hackatao, Marina Mancuso, Paolo Marchesini, Giancarlo Montuschi, Neirus, PAO, Nina For The Dogs, Massimo Sirelli, Gianni Andolina, Gui Zagonel, Doris Bouffard, Johanne Ricard, Marta Lorenzon, Antonio Sciacca, Onofrio La Leggia, Giuseppe Bombaci, Cristina Costanzo, Alessandro Costagliola, Federica Orsini, Salvo Muscarà, Roberto Collodoro, Giovanna Pistone, Nicola Alessandrini, Agnes Cecile, Doriana Pagani, Ludovico Costa, Gianluca Militello, Corrado Inturri, Giuseppe Gusinu, Mauro Patta, Peppe Vaccaro (in aggiornamento)
Il museo è il testimone di una rigenerazione di spazi pubblici che ha reso il territorio orientale della Sicilia un crocevia di tutte le arti contemporanee, volto a studiare, a sperimentare e a documentare il passato attraverso una nuova sensibilità, grazie ai molteplici linguaggi del contemporaneo.
IL PALAZZO BENEVENTANO DI LENTINI
(dal 1976 Palazzo Comunale, dal 2016 Polo Culturale e Luogo delle Arti Contemporanee)
L’edificio è fra i più importanti monumenti della Città di Lentini, non solo per la sua grandezza e per il suo sfarzo ma anche per i personaggi che ne erano i proprietari e per coloro che hanno contribuito alla sua realizzazione. Due furono i protagonisti del compimento di quest’opera, il barone Giuseppe Luigi Beneventano e l’architetto Carlo Sada, che modificarono e ingrandirono l’edificio “a sontuosa villa meglio confacente nello stile ad una villa baronale”. Siamo alla fine del IXX secolo, il periodo della “rinascita” del Palazzo, che ancora oggi è una eterogenea testimonianza di molti secoli di storia della Città di Lentini.
Nato a Carlentini il 13 novembre 1840 da una famiglia nobilissima, i suoi avi furono Principi alla Corte di Federico II di Svevia, dagli Orsini Orsilei, Giuseppe Luigi Beneventano fu Consigliere Comunale, poi Sindaco ed infine Senatore del Regno d’Italia. Personaggio di gran temperamento, contribuì alla rinascita dell’agricoltura e dell’economia in genere della città. Proprietario di molti palazzi fra cui appunto l’edificio qui davanti, nel febbraio del 1893, il Barone, incaricò uno degli architetti più famosi del tempo, l’architetto Carlo Sada, progettista di numerosi monumenti in Italia, fra cui il Teatro Massimo di Catania, dedicato a Vincenzo Bellini. Il Sada presentò, in prima istanza, un progetto che riguardava la totale trasformazione degli edifici esistenti e costituiti da due blocchi staccati tra loro: il primo blocco, costituiva la parte più antica, ove risiedeva la zona “nobiliare”, l’altro blocco, già area abitativa rupestre, dove vi erano i magazzini, le stalle, i depositi etc.
Il progetto, che prevedeva due piani fuori terra, era incentrato sull’adeguamento della parte più antica, sul lato nord-est. Successivamente su richiesta della famiglia Beneventano, l’architetto eseguì diverse varianti al progetto principale, fino alla scelta che è più vicina alla soluzione odierna, che prevede un solo piano fuori terra per la parte nord dell’edificio, quella che affaccia su questa strada: Via San Francesco d’Assisi, un tempo Via Monastero. I lavori però furono iniziati, ma mai completati; la tipologia dell’impianto edilizio, deriva dagli edifici turriti, la sua organizzazione esterna dei cortili è di forte richiamo allo stile mediterraneo.
Da questo ingresso, posto dinanzi Salita Puccetti, ed orientato verso nord, si accede alla Corte Principale, dai cui lati ci si immette all’Info Point, alla Sala Conferenze, al Centro Studi, alle Sale Expo, all’Osservatorio Astronomico e ad altre aree di servizio.